Unirsi per unire il paese

[vc_row][vc_column width=”1/1″][vc_column_text]A chi sopraggiunge a Pontelongo proveniente da Bovolenta, o procede dal ponte svoltando a sinistra in direzione dello zuccherificio e di Villa del Bosco, il panorama che si offre non è privo di suggestione: un grande invaso costituito dalle due piazze del Popolo e della chiesa, animate dal monumento ai caduti e da un capitello con una venerata statua della Madonna miracolosamente salvata dalle acque del fiume e dell’inondazione (un diluvio in scala ridotta) del 1882, quattro pilastri ornati da altrettante statue provenienti dal giardino Foscarini. Uno spazio aperto e arioso, un’agorà per eventi e incontri chiusa da un fondale di edifici (l’ex cinema in evidente stato di degrado, la canonica, la Chiesa di Sant’Andrea, il campanile, i servizi parrocchiali – il patronato e le scuole dell’infanzia e parificata, il bell’edificio dal restauro elegante all’angolo di via Mazzini) che cinge due dei quattro lati delle piazze spalancate ai venti. E laggiù, sul lato estremo del lato meridionale, in fondo allo spazio generoso ingentilito dal verde degli alberi sorge la chiesa parrocchiale di Sant’Andrea, sotto l’occhio protettivo di un campanile alto, svelto, snello e solenne. Suggestivo il colpo d’occhio, rilassante lo spazio, dignitoso il tempio del Signore che la comunità si è dato da un centinaio d’anni.

“La Chiesa parrocchiale”, scriveva con un eccesso di sintesi don Luigi Gambalunga in occasione della visita pastorale del 18 novembre 1929, “fu edificata dal 1902 al 1924, quasi interamente dal grande benefattore di questa Parrocchia: il commendator Galvan Antonio. Stile rinascimentale, mq. 520, 3 porte, 8 finestre nel vano della chiesa e 4 nel presbiterio. Discreta facciata con grande finestrone ovale nel mezzo”. In pianta, la chiesa è organizzata a partire da una grande aula rettangolare, con angoli smussati, alla quale si affiancano cappelle laterali – tre per ogni lato – e un profondo presbiterio-coro absidato. Neorinascimentale lo stile, ispirato dai motivi ell’architettura veneziana del Quattrocento. La facciata, realizzata con materiali poveri, graniglia cementizia dipinta in data piuttosto recente e già intaccata impietosamente dalle intemperie, si organizza su due livelli scanditi su quattro lesene, diverse per ordine su ciascun piano, con terminazione semicircolare in corrispondenza della campata centrale.

L’esigenza di dotare la comunità di una nuova chiesa parrocchiale sorge agli inizi del vecento: l’8 giugno del 1900 l’ufficiale sanitario comunale certificava la “vetustà” della vecchia chiesetta (lunga 15 metri, larga 8, alta 6,50, tre altari e due porte nella descrizione del vescovo Barozzi del 1489) che sorgeva sul luogo oggi occupato dal bar dell’angolo della piazza con via Mazzini, la insufficienza dello spazio che rendeva l’aria “viziata e molto nociva alla respirazione”, l’umidità dovuta alla vicinanza del Bacchiglione. Il sindaco Luigi Ostani confermava: è talmente piccola che i fedeli “ordinariamente devono rimanere sulla strada”.

Una nuova chiesa è un’impresa da far tremare i polsi di una comunità anche molto più grande di Pontelongo, allora sui tremila abitanti (la crescita rapida, fino a toccare le cinquemila unità arriverà nei decenni successivi, dopo l’apertura dello zuccherificio). Con il supporto di una vera colonna della comunità quale il commendator Galvan, benefattore generoso dalle molte (moltissime) risorse – come noto, è stato un sostenitore primario della costituenda Università Cattolica di Milano; p. Agostino Gemelli l’ha omaggiato con tre visite a Pontelongo – è da supporre che il polso non abbia subìto eccessive accelerazioni o traumi inattesi.

E, certo, i responsabili del progetto, il parroco don Angelo Finco, i tre fabbriceri Antonio Galvan, Luigi Mondo (il papà del futuro podestà) e Domenico Ostani, procedono alla grande, non si fanno mancare proprio nulla: del progetto, per esempio, incaricano l’ingegner Pietro Saccardo, piuttosto anziano (ha 72 anni, morirà l’anno seguente), proto della Basilica di San Marco e della Scuola Grande di San Rocco a Venezia, fondatore dello studio del Mosaico, tuttora funzionante, mentre la direzione e l’esecuzione dei lavori vengono affidate all’architetto Francesco Gasparini, ingegnere comunale di Piove di Sacco per più di mezzo secolo (dal 1880 al 1932), gran “patròn” dei lavori pubblici (ponti, strade, cimiteri, scuole, quartieri popolari) di Piove e del piovese. E’ lo stesso che a Pontelongo ha firmato l’allargamento del cimitero, il progetto della scuola elementare “Rosa Maltoni”, il lazzaretto, il grande, altissimo campanile che affianca la nuova chiesa (è del 1906; firmati da lui sono pure i campanili di Cantarana, 1904, di Campagnola, 1911-13).

In data 18 gennaio 1902 l’ing. Saccardo invia a don Finco tre disegni della nuova chiesa di Sant’Andrea: “la sua forma”, scrive, “è sul tipo della prima di quella da me costruita che fu eretta fra il 1870 e il 1890 (…) a Chirignago presso Mestre”, replicata con poche varianti a Monte di Malo (Vicenza) e a Carbonera (diocesi di Treviso). Preventivo: 63mila lire del tempo, esclusi i muri di fondamento dai costi non facilmente prevedibili, e altre cose che si possono omettere, ad esempio le statue. “Certo che non bisogna spaventarsi”, conclude l’anziano architetto, abituato a trattare con diocesi e con parroci desiderosi del bello e del nuovo e per lo più a corto di risorse, “ma confidare nella Provvidenza che in questi casi interviene in modo speciale e direi quasi prodigioso”.

I lavori si prolungano per più di quattro lustri. Nel 1910 viene stipulato un contratto per l’acquisto di un organo Malvestio, una vera e propria impresa, portata a termine da una sottoscrizione popolare che ha visto mobilitata l’intera popolazione; il conto finale – piuttosto salato – di 41.800 lire dell’epoca viene saldato il 29 settembre 1924 (sono passati 22 anni dalla posa della pietra angolare!). A loro volta, le campane vengono commissionate tra il 1913 e il 1917 (siamo in piena prima guerra mondiale) alle ditte Colbacchini di Bassano del Grappa e ai veronesi Cavadini. E poi ci sono i lavori di rifinitura interna e di addobbi: le tele, le statue, i lavori lignei di pregiata fattura e di raffinata coerenza del coro, dei confessionali e del pulpito, affidati questi ultimi ai fratelli Piero e Nini Milani, giovani e abili ebanisti, intagliatori, intarsiatori e scultori provenienti da Cartura. Pietro Milani costruisce mobili, disegna bozzetti come documentato dal bellissimo schizzo del pulpito (in seguito rimosso), recuperato da una discendente residente a Bruxelles.

Il giorno della solenne benedizione è un lunedì: il 13 novembre 1911. Da Padova scende a Pontelongo monsignor Luigi Pellizzo, il vescovo friulano fondatore della “Difesa del Popolo” (1907) e del collegio Barbarigo, e animatore delle Leghe bianche a difesa dei diritti dei lavoratori. E’ una fase storica piuttosto delicata. All’orizzonte si intravvedono tensioni internazionali, i vecchi imperi scricchiolano. L’Italia si lascia tentare, in ritardo sui tempi, dall’avventura coloniale. Infatti, il 29 settembre di quel 1911 era iniziata la guerra di Libia, la conquista della cosiddetta quarta sponda. La benedizione solenne non significa fine dei lavori. Non soltanto perché la nuova chiesa è data per finita nel 1924, ma perché in quei primi decenni del Novecento è la riva destra del paese che cambia radicalmente volto. E’ allora che via Mazzini e la naturale prosecuzione di viale zuccherificio prendono la forma attuale, riequilibrando il rapporto con la riva sinistra caratterizzata da un più antico insediamento: la posa della pietra angolare della nuova parrocchiale del 16 novembre 1902 è seguita, il 26 giugno 1910, dall’apertura di uno zuccherificio grande, nuovo di zecca, all’avanguardia, costruito in tempi strepitosi (18 mesi appena), e dalla costruzione, negli anni immediatamente precedenti la Grande Guerra, della bella villa di Luigi Mondo a ridosso di un pregiato edificio settecentesco, in seguito – purtroppo – abbattuto per far posto all’attuale forno-panetteria di via Mazzini. Per due-tre decenni la riva destra del Bacchiglione è un cantiere a cielo aperto, la strada dissestata lungo il murazzo doveva sostenere un traffico d’eccezionale intensità durante la campagna saccarifera, mentre il fiume era percorso da burci in risalita e in discesa.

Nel 1940 arriva a Pontelongo come parroco novello don Valentino Caon, vicario perpetuo di memoria doverosamente duratura. E’ giovane, energico, dinamico, ha le doti di un pastore- condottiero. Nel 1942, nel pieno del conflitto di una guerra che non ha eguali per i prezzi fatti pagare a chi andava sul fronte e a chi rimaneva a casa, il giovane parroco si fa venire due idee grandiose: una nuova chiesa da 2.500 posti e una “scuola parrocchiale”. Detto pensato, don Valentino contatta il giovane architetto Stanislao Ceschin di Padova che, pur richiamato alle armi, disegna un duomo in scala ridotta sul modello di quello di Monselice.
La vita religiosa era allora intensissima: nel 1935, per fare un solo esempio, sono ben 234 i “figlioli” che ricevono la cresima, all’esame della dottrina cristiana si presentano 337 “fanciulle” e 292 “fanciulli”. Durante le sante missioni dell’8 dicembre 1936 vengono distribuite 10mila comunioni!

Nel dopoguerra le cose cambiano molto rapidamente, una chiesa da 2.500 posti pare proprio eccessiva e don Valentino viene convinto ad accantonare il progetto un po’ megalomane e a concentrarsi nella costruzione del patronato utilizzando i mattoni della chiesetta di San Giovanni Battista. E così l’11 novembre del prossimo anno potremo festeggiare la nostra nuova chiesa, iniziata il 16 novembre del 1902 e benedetta il 13 novembre del 1911.

di Emidio Pichelan (con la collaborazione di Adriano Comunian)[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]